Ci piace tanto lamentarci che non c’è lavoro, che la disoccupazione è alta e che bla, bla, bla. Poi arrivano delle occasioni e gli si dice no. Possibile? Ecco cosa fa arrabbiare un recruiter durante un colloquio di lavoro perché vanno bene gli 11 segreti per un colloquio di lavoro senza ansia ma non bisogna esagerare.
Non voglio parlare dei tanti casi che si leggono sui giornali di imprenditori che cercano lavoratori che senza trovare nessuno. L’ultimo caso è quello di Nereo Parisotto che aveva bisogno di 30 persone per la sua azienda di costruzioni trovandone solo 7. Parlo invece della mia esperienza personale.
COSA CERCO NEI COLLOQUI
In 25 anni di carriera ho lavorato a decine di nuovi progetti editoriali e nel mio ruolo di Project Manager mi sono dovuto occupare anche di recruiting per cercare grafici, fotografi, giornalisti, e altri collaboratori vari.
Accolgo sempre con il sorriso chi viene ad un colloquio per metterlo a suo agio e non sono mai stato troppo interessato al CV. A me interessa soprattutto sapere l’entusiasmo e la disponibilità a mettersi in gioco: è chiaro che una persona molto qualificata dovrà soltanto entrare in sintonia con me, ma questo non preclude le porte a chi non ha mai fatto nulla di quel lavoro perché, per carattere, non ho problemi ad insegnare il mestiere a qualcuno che vuole davvero farlo.
COSA TROVO
Ho fatto centinaia di colloqui e purtroppo solo raramente ho trovato una forte disponibilità verso il lavoro. Forte, oddio, anche una flebile disponibilità… Ecco alcuni esempi di scuse che mi sono sentito dire:
- Eh, ma è troppo lontano! Voi state a Prati e io abito all’Eur, è troppo lontano
- Sto ancora studiando per l’Università, non posso chiudermi in un ufficio
- (nel primo contatto telefonico) Voi siete a Roma? Ah, io dovrei venirci per una visita fra un mese. Potremmo incontrarci fra un mese?
- Devo scrivere articoli di gossip? Ma io non ci capisco niente. Io voglio fare recensioni di film
- Un periodo di prova? Mi spiace, io cerco un’assunzione diretta
- Io gli straordinari non li faccio
- Io ho fatto un master in Giornalismo/Scuola di Giornalismo e quindi so come scrivere, non mi serve che me lo diciate voi
E così via. Badate bene, i colloqui o i contatti telefonici avvengono dopo che loro mi chiamano e prima ancora di parlare del compenso o di entrare nello specifico della mansione. Queste “motivazioni” arrivano quando spiego solo a grandi linee di cosa si tratta il lavoro o dove si dovrebbe svolgere.
COME ERO (E COME SONO) IO
Il mio primo lavoro in una redazione l’ho avuto nel 1997 quando feci un colloquio presso una casa editrice di Roma per un posto da segretario di redazione. Ripeto, segretario di redazione, ovvero la persona che gestisce una redazione ma che fondamentalmente è un assistente alla mercé di tutti. Io a quei tempi ero il direttore di un mensile locale da due anni e lavoravo a “Il Messaggero” come corrispondente (mi occupavo di politica, cronaca nera, sport, spettacoli ecc.) dal 1993, collaboravo con “Il Mattino“, “La Gazzetta del Mezzogiorno“, “La Gazzetta dello Sport“, quindi era una sorta di “indietreggiamento” professionale, ma per me si trattava pur sempre di una crescita.
Non solo, io in quel periodo abitavo ad Anagni (provincia di Frosinone) mentre il lavoro era in zona Prati a Roma: più di 70 chilometri di distanza.
Sapete perché fui scelto io al colloquio? Per il CV? Certo, ma soprattutto (me l’ha confessato successivamente il recruiter) perché «sei l’unico che mi ha detto ‘Ok, vengo anche domani mattina’» senza porre condizioni. Altri prima di me potevano comunque andare bene come requisiti, ma avevano tutti creato più o meno dei problemi al punto da spingere il recruiter alla domanda peggiore: «Ma lei vuole lavorare per noi o no?».
COSA FA ARRABBIARE UN RECRUITER
Ogni azienda vuole che i suoi lavoratori (sia dipendenti che esterni) siano motivati a rendere al meglio e a lavorare per quella azienda. Questo vale per chi già c’è ma soprattutto per chi ambisce a lavorarci. Presentarsi a un colloquio e porre difficoltà, paletti, problemi, infastidisce qualsiasi recruiter che raramente vedrà in quell’atteggiamento un fare costruttivo (perché chi si comporta così pensa di mostrare il proprio carattere, come fosse un vanto), bensì una persona che creerà problemi. Una persona che trova ostacoli all’inizio, poi come può rendere al 110%?
Quindi quando andate ad un colloquio, evitate gli “ok ma…”, “mi sembra che…” ecc. Se volete davvero lavorare siate disponibili al cambiamento, ad apprendere cose nuove anche se sapete già quasi tutto (o pensate di saperlo).
Perché altrimenti hanno ragione coloro che vedono gli italiani come un popolo che nella vita sogna il Reddito di cittadinanza più che un lavoro…