“Ho bisogno di più tempo”. Sono le parole che il Professore usa maggiormente nella terza stagione di “La Casa di carta” e ha ragione perché il colpo che deve portare avanti (rubare l’oro di Stato) non è un suo progetto e soprattutto ha dovuto realizzarlo all’improvviso.
In pratica, ha dovuto abbandonare la sua metodologia di lavoro che gli è valso il successo nelle prime due stagioni per un approccio diverso…
LA LEZIONE DI PROJECT MANAGEMENT: IL TRIONFO WATERFALL DELLE PRIME DUE STAGIONI DE “LA CASA DI CARTA”
Quello però di cui mi preme parlare non è tanto la parte narrativa quanto la lezione che possiamo apprendere a livello di Project management.
“La Casa di carta” è la dimostrazione di come la metodologia waterfall sia più difficile da realizzare portando però al successo. È ciò che avviene nelle prime due stagioni.
È l’esempio perfetto:
- Definizione dello scopo
- Pianificazione delle varie fasi di azione con ricerca delle soluzioni più efficaci
- Reclutamento, addestramento e motivazione del team
- Team building in una struttura appartata
- Reperimento delle risorse tecniche
- Analisi e lista dei rischi/ostacoli/imprevisti e piano di risposta
- Studio della concorrenza (Polizia), dei casi storici del passato, della storia personale dei componenti del team
- Studio dell’ambiente e delle strutture di lavoro
- Definizione della timeline e rispetto della stessa
- Ricerca di un linguaggio comune criptato e di una comunicazione efficace
- Studio delle procedure legali della polizia
- Studio dei deliverables e della percentuale di accettazione del successo
E così via
Tutte le prime due stagioni de “La Casa di carta” sono il trionfo del waterfall: studia, pianifica, analizza tutto, cerca le soluzioni, testale, agisci.
Il Professore ha impiegato anni per pianificare tutto e alla fine ha successo anche perché dimostra una qualità di cui il Project manager ha assoluto bisogno: agire sotto pressione e pronta risposta a un evento non previsto (non si può prevedere tutto).
Waterfall infatti non significa impiegare anni in pianificazione e poi fregarsene una volta che l’attività è partita.
LA CASA DI CARTA 3: IL PASSAGGIO AL MONDO AGILE
Questa è la vera differenza della terza stagione. Per salvare un membro della banda il Professore deve dare il via a un piano che teneva nel cassetto e che gli aveva suggerito il personaggio di Berlino anni prima. Questo progetto ha un grosso problema: non l’ha sviluppato lui e vista la necessità di metterlo in pratica in poco tempo non ha potuto metterlo a punto.
Quindi pianifica la partenza, organizza il tutto e parte.
Una situazione che chi ha abbracciato il mondo Agile conosce bene: pianifica l’essenziale e parti subito anche se obiettivamente non sei pronto, poi modifica il piano a seconda dei feedback e degli eventi.
Risultato: il piano del Professore fa acqua da tutte le parti, funziona finché può ma è sempre sull’orlo del baratro. Porterà al successo? Lo scopriremo nella quarta stagione e probabilmente sì perché così ci saranno anche una quinta, una sesta stagione e così via. Nella realtà però sarebbe un grosso problema.
IL MITO DELLA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO
Ciò che mi interessa è l’approccio.
Se nove start up su dieci falliscono più o meno subito e se in Italia solo il 60,6% delle aziende arriva a cinque anni di vita è perché spesso partono con dei progetti che non sono studiati bene, c’è un’idea, c’è la volontà ma non le professionalità.
Viviamo in un mondo velocissimo e molti commettono l’errore di pensare che vince chi parte prima ma non è vero. Vince chi studia meglio un piano d’azione efficace.
Sì ha l’illusione che si possa gestire il feedback e il cambiamento ma questo vale solo per piccoli cambiamenti perché una persona o una struttura non esperta può venirne travolto e veder fallire il proprio progetto.
Per questo si è diffuso il mito che il fallimento è un punto a favore… ma quando mai, nessuno vuole fallire e veder sperperate giornate di lavoro e soldi. Il fallimento è il male, sempre. Sì può imparare la lezione, ok, ma per non fare gli stessi errori, che nel project management significa usare un approccio diverso.
Per questo ci sono i professionisti della gestione dei progetti, ci si può improvvisare, si può lasciar fare al team, si può promuovere uno del team, ma non sarà la stessa cosa e la storia del Professore lo dimostra.