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Con questo post imparerai… che secondo il “Show Don’t Tell” non sempre bisogna raccontare tutto, anzi, a volte è meglio accennare e lasciare indizi piuttosto che dare spiegazioni.                 

In un altro articolo ho scritto di quanto sia importante la spiegazione di un tema per un autore: è la regola d’oro della scrittura, ovvero devi scrivere un testo utile per il lettore. Come ogni regola d’oro, però, c’è anche una sua versione più oscura, quella che sentirete chiamare in tanti modi (ad esempio, Show, don’t tell) e che io definisco la Scrittura Criptica: il metodo per attirare l’attenzione. 

COSA E’ LA SCRITTURA CRIPTICA
Avete presente i film di Fellini, di Lynch o altri autori che non spiegano nulla, ma che ti lasciano ancorati a delle scene e a sensazioni più che a delle vere e proprie descrizioni e spiegazioni. Nel cinema è molto utilizzata, ma è una tecnica di scrittura molto diffusa anche in letteratura che principalmente si basa su un concetto: l’autore crea un settings, un contesto dove avvengono degli eventi, ma senza raccontare troppo, è poi il lettore a dare una sua interpretazione a ciò che vede/legge. Insomma, letteralmente “Show Don’t Tell”, ovvero, mostra ma non spiegare.

SHOW DON’T TELL, L’OPPOSTO DELLA REGOLA D’ORO DELLA SCRITTURA
E’ chiaro che la Regola d’Oro della scrittura, ovvero lo scrivere un testo che sia utile per chi legge, salta nella Scrittura Criptica. Salta perché nello Show Don’t Tell si lascia l’interpretazione al lettore, ma tutto questo vale per la narrativa testuale o video, mentre nel caso di un articolo/documentario giornalistico, storico, scientifico, o comunque informativo è bene sempre attenersi a ciò che ho scritto nell’altro post sulla regola d’oro della scrittura.

A COSA SERVE LA SCRITTURA CRIPTICA (SHOW DON’T TELL)?
L’utilizzo è chiaro, serve ad incuriosire il lettore/spettatore raccontando non soltanto i fatti come farebbe un cronista, ma dandogli la possibilità di trovare un sotto testo, di cercare altri significati, di giocare all’indagatore della narrazione. Scrivere un testo più realista agevola il lettore (che si trova tutto pronto) e lo scrittore che ha pensato quella storia e ce l’ha tutta in testa. Scrivere un testo con lo Show Don’t Tell è più complesso per l’autore perché lo spinge ad elaborare ulteriormente la sua storia, ma più stimolante per il lettore che alla fine potrebbe dare diversi significati alla stessa, recependo anche un messaggio del tutto diverso da quello che voleva dare l’autore.

Personalmente mi è successo con due miei romanzi. Quello con cui ho debuttato, “I love New York – E’ Sbagliato Inseguire un Sogno?” aveva l’eco del mio lavoro da giornalista quindi era molto descrittivo, tutte le scene, i dialoghi e gli avvenimenti erano spiegati in modo molto preciso e infatti l’aggettivo più usato dai miei lettori era “è scorrevole” e il complimento (secondo loro) più comune era “sembra di vedere un film”. Esattamente, il lettore trovava tutto nelle pagine e poteva immaginarsi la scena proprio come se fosse un film.
Diverso fu il discorso in “Il Sapore dell’Arcobaleno” dove rimase l’aggettivo “scorrevole” perché quello è il mio stile, ma “sembra un film” è diventato “ho capito il messaggio, ovvero…” oppure “io ci ho letto che…”. Ognuno dei lettori che ho avuto la fortuna e il piacere di ascoltare mi ha dato una sua differente interpretazione. Il bello è che il mio intento era del tutto diverso, eppure ognuno ci ha letto una sua storia. 

E’ chiaro che ne sono rimasto estremamente felice: quando si scrive una storia l’augurio è che quella possa lasciare un seme nel lettore, altrimenti è pura fiction.

REGOLA D’ORO O SHOW DON’T TELL? QUESTIONE DI SCELTE
Questo non significa che un quadro di Pollock o di Picasso sia necessariamente più bello di uno  di Raffaello, né che “8 e 1/2” o un qualsiasi altro film di Fellini sia migliore di “Ladri di biciclette” o di un qualsiasi altro film di De Sica. E’ solo una questione di scelte, alla fine la narrativa è un passatempo per il lettore, quindi è solo una pura scelta dello scrittore che dovrebbe porsi una domanda: che tipo di libro vorrei leggere io?

FACCIAMO UN ESEMPIO PRATICO
Esempio di un testo classico:

Giovanna indossava un abito blu con delle decorazioni di pizzo quella mattina. Era un abito che le aveva regalato il suo ex fidanzato il giorno prima di quel maledetto incidente che lo trasformò in un angelo e che lacerò la sua vita. Giovanna cadde in una profonda depressione, non riusciva più a vedere la luce del sole, il bello della vita, l’azzurro di quel mare dove si erano dati il primo bacio, il profumo dei papaveri dei campi vicino casa. Giovanna era felice di indossare quel vestito per la prima volta, per lei era quasi una vittoria, un piccolo segno di rinascita. Entrò nel bar con un collega per fare colazione, e per la prima volta un sorriso le sbocciò sul volto grazie alle battute senza senso del suo amico. D’improvviso avvertì un forte colpo alla sue spalle che spinse Giovanna contro il bancone, perse la forza nella mano e la tazzina di caffè le cadde addosso macchiando irrimediabilmente il suo vestito blu. Di scattò si girò alle sue spalle per vedere chi fosse l’autore di quel gesto: era un uomo sui 40 anni, occhi scuri a risaltare il primo accenno di grigiore nei capelli bruni. «Scusi, non l’ho fatto apposta» le disse l’uomo. Una frazione di secondo, il tempo di rendersi conto e Giovanna si guardò il vestito: era tutto rovinato. Un urlo cavernoso le risalì dai polmoni, scoppiò a piangere e corse velocemente in bagno dove lo specchio le diede la conferma dell’incidente. Il caffè e quell’uomo non avevano rovinato soltanto un vestito, avevano infangato anche il suo grande amore, lo avevano ucciso una seconda volta…

Ecco come sarebbe con lo “Show Don’t Tell”, o Scrittura Criptica: 

Giovanna indossava un abito blu con delle decorazioni di pizzo quella mattina in cui finalmente trovò la forza di tornare in ufficio. Veniva da un periodo difficile, aveva sofferto, ma quella mattina si sentiva meglio, più padrona di sé e si stupì che riusciva a ridere anche delle battute senza senso del suo collega. D’improvviso avvertì un forte colpo alle sue spalle che la spinse con veemenza contro il bancone. Perse la forza nelle mani e la tazzina di caffè le cadde addosso sporcandole il vestito. Giovanna rimase di sasso, si girò di scatto alle sue spalle per vedere cosa fosse successo e si trovò di fronte un uomo con un completo elegante che le chiedeva scusa dicendole di non averlo fatto apposta. Una frazione di secondo e Giovanna si rese conto: si guardò il vestito e un urlo cavernoso le risalì dai polmoni. Scoppiò a piangere, si portò le mani sul volto e andò di corsa in bagno dove lo specchio le diede la conferma che quell’abito speciale era rovinato…

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Gli elementi sono gli stessi: Giovanna indossa un abito blu, viene da un periodo difficile, oggi si sente felice, un uomo la urta e l’abito si rovina. La differenza sta nelle descrizioni: nel primo caso abbiamo tutte le informazioni e sappiamo che la disperazione di Giovanna deriva dal fatto che l’abito era stato l’ultimo regalo del suo fidanzato. Nel secondo caso non sappiamo nulla, se non che quell’abito è “speciale”. Perché è speciale? Che poteri ha? Quale significato Giovanna attribuisce a quell’abito?

Lo Show Don’t Tell dischiude un ventaglio di possibilità narrative e l’autore può decidere di portare il lettore a comprendere quella reazione esagerata di Giovanna spiegandole tutto oppure dando indizi che porteranno il lettore a capire il tutto o a dare la sua personale spiegazione.